Gli sparuti seguaci di questo piccolo blog sanno quasi certamente che la mia regola d’oro, prima di vedere un film, è stare alla larga da ogni informazione che lo riguardi, trama e trailer in particolare. Quando possibile, cerco persino di evitare di sapere in anticipo chi sono regista e attori. Faccio notare che questo è anche un ottimo modo per trovarsi a vedere inqualificabili ciofeche o noiosissimi pipponi, ma in fondo è il giusto prezzo da pagare per riuscire a guardare le pellicole per quel che sono e a farsene quindi un’opinione più onesta e personale.
Di Mortal non sono riuscito a saperne veramente lo zero al quoto che speravo, perché vedendo il film al Trieste Science+Fiction Festival la sua introduzione mi ha svelato che il regista è quell’André Øvredal che è ormai straconosciuto per pellicole di tutto rispetto come Troll Hunter, Scary stories to tell in the dark e per quel piccolo gioiellino che è The autopsy of Jane Doe. Poco male, perché il talento di questo regista norvegese è indubbio e qui ne abbiamo solo la conferma, già a partire dalle prime scene. Quello che secondo me può davvero fare la differenza nel giudizio su Mortal, è invece proprio sapere in anticipo la trama, in particolare quale sia la vera identità di Eric, il protagonista della vicenda. Io posso solo consigliarvi di tornare a leggere solo dopo aver visto il film, se volete godervelo appieno, poi vedete un po’ voi che fare.
La storia comincia col ragazzo ferito che vaga alla Into the wild per le bellissime foreste della Norvegia, un’ambientazione che già di per sé, grazie alla bellissima fotografia, potrebbe valere tranquillamente il prezzo del biglietto. Prestissimo vengono svelati i suoi superpoteri. in particolare la sua incapacità di controllarli unita al trauma di essere la causa di un’incendio e della morte di cinque persone. Nel bellissimo incontro tra Eric e la giovane psicologa Christine, quasi tutto giocato su primi piani e respiri, si comincia a capire che Mortal non sarà un film d’azione in senso stretto. Che non sarà insomma la storia dei fantastici superpoteri di un ragazzo, ma sarà piuttosto un film su un ragazzo che si trova suo malgrado in preda di superpoteri. Se malauguratamente si sapesse in anticipo qualcosa del film, qualcosa magari tipo un trailer studiato da qualche furbo distributore, la delusione sarebbe abbastanza inevitabile, perché ci si aspetterebbe un film norvegese di supereroi o x-men. Qui siamo invece quasi totalmente da un’altra parte, decisamente più verso il filone nato da quel capolavoro di Unbreakable e in cui si trovano altri ottimi film come per esempio Freaks o Chronicle.
Una storia del genere strizza inevitabilmente l’occhio a Carrie e Firestarter, due altri grandi storie del passato, entrambe partorite dalla mente del nostro Re preferito (che, come avrete capito, almeno su queste pagine non è Elvis, ma il vecchio King) ed entrambe con una giovane protagonista alle prese con poteri che non è perfettamente in grado di controllare, ma che sono fortemente legati alle proprie emozioni. E la storia di Mortal va avanti su questo terreno già battuto fino a circa metà pellicola, con il tenero rapporto tra Eric e Christine e scene d’azione di alto livello e di conseguente grande effetto (non siamo ovviamente all’altezza dei titoli ad alto budget hollywoodiani, ma stiamo parlando in un film di produzione norvegese, quindi tanto di cappello).
Quello che fa la differenza in questo film (almeno l’ha fatta nel mio caso), è quel piccolo twist che fa partire la seconda parte del racconto. Quell’introdurre nella vicenda, in modo appunto un po’ inaspettato, l’aspetto religioso. Una considerazione buttata lì dalle autorità americane sugli effetti che una creatura con questi poteri devastanti potrebbe avere sulla fede delle persone, e che rapidamente diventa una riflessione su come Eric possa collegarsi alla mitologia nordica (Odino, Thor, Loki e compagnia briscola). Il collegamento c’è, almeno sulla carta, perché il ragazzo sembra proprio far parte della discendenza dei figli di Thor (in questo, va detto, il film è di una faciloneria davvero da Cinecomic) e quindi tutto porta a cercare la verità nell’abitazione dove Eric ha scoperto i suoi poteri. E il suo ritorno alle ceneri della casa è probabilmente la parte migliore del film, quella raccontata meglio e in cui tutti i fili vengono tirati nel modo giusto. C’è l’apertura dell’antica cassa, con la scoperta chiarificatrice della cintura, dei guanti e del martello. C’è Christine, che in quella divinità così potente vede solo un ragazzo da curare, difendere e amare, e che corre da lui per proteggerlo dal male del mondo. Ci sono le ottuse forze militari americane che, non potendo accettare l’esistenza di un Dio, danno l’ordine di sparare. E poi, inevitabilmente, ci sono la furia, il tuono e la morte.
Mortal in lingua originale si intitola Torden, cioè “tuono”, il che potrebbe essere un caso enigmatico di spoiler incorporato nel titolo. Di sicuro è classificabile come origin story, quindi non escluderei che il buon Øvredal decida di regalarci una bella trilogia supereroistica fatta a modo suo, alla faccia degli americani.