BAJO LA ROSA – Beetlejuice

BAJO LA ROSA

“I romani usavano dipingere
un’enorme rosa con cinque petali
sul soffitto della camera del Consiglio,
per ricordare alle persone presenti
che qualsiasi cosa detta sotto la rosa,
sarebbe dovuta rimanere segreta.
Era un patto tacito.
Vi prometto che tutto cio’ che si dira’ stanotte,
rimarra’ tra le mura di questa casa”

Se amate la figura del cantautore, quello più tradizionale che riuscite a immaginare, che scrive canzoni chitarra e voce, paga le registrazioni di suo pugno e le porta in giro con qualche amico musicista, non potete non andare matti anche per il suo equivalente cinematografico e cioè quei registi che scrivono, dirigono, montano, producono e a volte persino recitano le loro pellicole. Il registra spagnolo Josuè Ramos è una di queste creature romantiche, che inizia una decina di anni fa con i soliti due o tre corti, realizza poi il suo primo lungometraggio (Involucrado, di cui si trovano pochissime notizie anche in Rete) per arrivare infine in sala nel 2017 con questo intrigantissimo Bajo la rosa,

Bajo la rosa | Recensione film

Che la Spagna sia ormai l’El Dorado dei thriller lo sanno anche i sassi, a partire da quel piccolo genio di Oriol Paulo (forse persosi un po’ nel suo ultimo Durante la tormenta, ma non disperiamo). Oggi se fai il regista tra Madrid e Barcellona e non dirigi un paio di buoni thriller, è probabile che persino la tua famiglia ti consideri un povero ritardato mentale, un paria sociale, se va bene tutt’al più un semplice buono a nulla. E Bajo la rosa è una pellicola che non sfigura affatto in questo ricchissimo panorama della suspense iberica, non tanto per le sue doti tecniche (è costato quindicimila euro, messe da Ramos, come si diceva sopra, di suo pugno) ma soprattutto per una sceneggiatura particolarmente indovinata. Una storia che qualsiasi casa di produzione di Hollywood, per dovere di spettacolarità, avrebbe finito per stravolgere e far diventare un pasticciaccio, ma che qui è messa in scena da Ramos in modo crudo, asciutto e terribilmente onesto.

Bajo la rosa | Recensione film

Bajo la rosa è sostanzialmente un one-room movie, uno di quei film che spesso sono piéce teatrali adattate per il cinema, e che nel genere thriller hanno probabilmente il capostipite (e sicuramente il capolavoro) in Rope di Hitchcock. Non aspettatevi quindi indagini, inseguimenti, sparatorie e morti ammazzati come se non ci fosse un domani, Bajo la rosa è un film che proprio a voler esagerare ha tre scene (il prologo, la lunghissima scena in casa e l’epilogo) ed è quindi una storia intrinsecamente basata su atmosfere e dialoghi. Ramos caratterizza i personaggi con estrema facilità, li scolpisce fin dalle loro prime battute e scava nella loro storia grazie alla rivelazione dei loro più intimi segreti. La madre dal carattere forte e severo, eccessivamente esigente con la figlia più piccola e dedita al lavoro in modo ossessivo. Il padre paziente e un po’ distratto, che più degli altri riesce a mantenere calma e sangue freddo durante quella terribile notte, ma che paga a peso d’oro i propri atti. Il figlio, la scheggia impazzita, incapace di considerare razionalmente la situazione e perennemente sull’orlo di fare qualcosa di stupido. E infine l’uomo in nero, il personaggio misterioso che tiene in scacco la famiglia tutta la notte, glaciale incarnazione del Male e allo stesso tempo implacabile Giudizio Divino.

Bajo la rosa | Recensione film

Questo setup, con i personaggi rinchiusi in casa e la visita dell’uomo misterioso, è un clichè che se vogliamo appartiene più ai territori della fantascienza che a quelli del thriller. L’episodio Button, Button della stagione anni ’80 di Twilight Zone ne è il perfetto prototipo (storia basata sull’omonimo racconto di Richard Matheson di una decina di anni prima, da cui poi è stato tratto molto liberamente anche l’inutile The Box, con Cameron Diaz). Ed è un meccanismo che funziona sempre in modo superbo, nessuno può essere immune al fascino dello straniero enigmatico che si introduce nel caldo rifugio dei protagonisti e li pone di fronte a qualcosa di inaspettato, dilemmi e scelte che piano piano sgretoleranno ogni loro certezza. Funziona sempre, ma è anche una bomba ad orologeria fottutamente pericolosa. Più caricate di mistero la storia, più corde tendete per imprigionare nella vostra rete gli spettatori, e più le loro aspettative saranno alte e vorranno essere soddisfatti in modo totale. E allora se avete questa bomba, sarà meglio che faccia un bel botto, perché se non è così allora il vostro pubblico avrà solo voglia di prendervi a poderosi calci nel culo.

Bajo la rosa | Recensione film

Da questo punto di vista Bajo la rosa non delude. Il botto c’è e qualcuno lo sentirà a chilometri, ma sono certissimo che per una certa fetta di spettatori non sarà abbastanza. Non tanto perché il mistero svelato non sia agghiacciante, ma perché è raccontato sempre con lo stesso tono asciutto che caratterizza tutto il film e questa mancanza di spettacolarizzazione a qualcuno non piacerà. Avete presente i finali della saga di Saw, quei finali tutti formalmente identici con lo spiegone e lo spiegone dello spiegone, che potreste vederli anche in aramaico antico che non vi cambierebbe nulla, tanto ciò che conta per suggestionarvi sono la musica ansiogena, i flash di immagini e il tono di voce del narratore? Ecco, la strada percorsa da Bajo la rosa è l’esatto opposto. Nemmeno qui ovviamente ha senso parlare di realismo, ma Ramos rimane coerente e totalmente onesto con lo spettatore anche sul finale, evitando tutti quei facili trucchetti che lo avrebbero snaturato. Ci guarda e ci dice: “Questo è quello che è successo. Dai, avanti, adesso dimmi… Tu non avresti fatto la stessa cosa?”.

Bajo la rosa | Recensione film

Certo, la mancanza di qualche soldo in più nel budget un po’ si fa sentire. Per quanto le idee e la scrittura siano davvero buone, forse non avrebbe guastato se il regista ci avesse mostrato qualche flashback, piuttosto che farlo semplicemente raccontare dai protagonisti durante le loro confessioni. Quando al cinema una storia viene raccontata a parole, anziché per immagini, è sempre un po’ una sconfitta, forse addirittura un errore formale, è come se un musicista vi mostrasse lo spartito della canzone anziché suonarla. E anche il terribile segreto che sta alla base di tutto il film, quello per cui l’uomo in nero entra dalla porta, se uno ci pensa bene, è un po’ scricchiolante (come è possibile che sia rimasto un segreto, che la polizia non abbia aperto nessuna indagine?). Tutti difetti comunque su cui, con un po’ di sospensione dell’incredulità, si passa tranquillamente sopra.

Insomma, la lezione che ci danno il cinema e la letteratura è chiarissima: aprire la porta di casa a uno sconosciuto è garanzia di gravissime sventure per voi e i vostri famigliari. Quindi non fatelo mai e poi mai, a meno che il cattivo non siate voi.

L’ennesimo thriller spagnolo che non delude. L’impianto teatrale è indovinatissimo e non fa rimpiangere la mancanza di spettacolarità.

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