THE UNTHINKABLE – Beetlejuice

THE UNTHINKABLE

“Hanno messo fuori uso tutte le altre centrali elettriche. In questo momento, tutta l’energia della Svezia arriva da qui”

Prima di parlare di The Unthinkable è necessario che faccia una premessa fondamentale. Mi ero fatto l’idea che fosse uno di quei film del Torino Film Fest da vedere ad ogni costo e questa convinzione mi ha portato alla misura estrema di uscire nel bel mezzo della proiezione di Madeleine’s Madeleine per entrare nella sala vicina. Non chiedetemi perché, è così, è come quando vi fissate che una sera dovete mangiare la pizza con le acciughe e non avete pace finché non lo fate. Quindi potete capire quanto sia stato deprimente scoprire che The Unthinkable non solo non era ciò mi aspettavo, ma anche che era uno di quei film con una parabola chiarissima verso lo sfacelo. Per tornare al paragone di prima, è come se vi arrivasse la vostra Napoli, ordinata in un’ottima pizzeria e dall’ottimo profumo, e aprendo il cartone trovaste una Speedy Pizza. Con wurstel e patatine al posto delle acciughe. Intendiamoci, il cinema è pieno zeppo di pellicole ben confezionate che possono essere usate con successo come lassativi, basta pescare a caso in un qualsiasi film di Michael Bay. Quello che probabilmente fa più impressione è che The Unthinkable è un film svedese e tutto ci si sarebbe aspettato, eccetto che un film formalmente eccellente ma con contenuti da blockbuster senza vergogna.

The Unthinkable | Recensione film

La pellicola non è un disastro dall’inizio alla fine, perché ha un buon inizio, che purtroppo o per fortuna lo fa sembrare tutt’altro genere di film. Il prologo del nostro protagonista da ragazzo ha infatti tutte le caratteristiche del dramma familiare con un pizzico di commedia sentimentale e tutto sommato è anche molto intenso e ben riuscito. Al termine di questa parte (col senno di poi fin troppo lunga) il film prende però tutt’altra piega e diventa un action. E qui qualche decina di minuti ancora buoni ce li regala, in particolare in quella zona franca che piace sempre a tutti in cui capitano un sacco di cose strane e ci si chiede “Ma che diavolo starà succedendo?”. Quell’atmosfera di mistero, ansia e paranoia da primo tempo di Die Hard 2, tanto per capirci. Già in questa parte si intuisce che nei momenti davvero action funziona e funzionerà sempre tutto a meraviglia, perché la regia ha un grandissimo gusto per le scene catastrofiche e una grande capacità di raccontare le scene dinamiche.  Da questo punto di vista a The Unthinkable non si può muovere mezza critica, perché è un ottimo esempio di cinema europeo di genere che non ha niente da invidiare ai blockbuster americani. Ed è veramente da applausi, se si pensa che il progetto è stato inizialmente finanziato tramite Kickstarter e realizzato con un budget di poco più di due milioni di dollari.

The Unthinkable | Recensione film

Purtroppo, lo sapete anche voi, quando al cinema vi caricano come molle, dandovi in pasto una storia che vi crea aspettative come la vigilia di Natale da bambini, o vi ripagano con qualcosa di grandioso, coinvolgente, interessante o, proprio per essere buoni, almeno ben scritto, oppure finirà sempre con la voglia di salire dal proiezionista a bruciare lui e la sua maledetta pellicola (che per inciso brucia molto meglio del digitale). The Unthinkable rientra in questa infame categoria di prodotto, si squalifica e si umilia proprio quando comincia a fare luce su cosa sta succedendo. Tutta la tensione accumulata viene progressivamente stemperata e svilita da una sceneggiatura che definire scemenza è fargli un piacere. Il concetto di “scemenza”, quando si parla di film di genere va ovviamente opportunamente proporzionato. È molto probabile che mia nonna, pace all’anima sua, avrebbe classificato come sonore scemenze anche pellicole come Predator o Tremors. Ma io, e con ogni probabilità nemmeno voi, siete mia nonna, e infatti quei film noi li rispettiamo e riveriamo, perché oltre a essere tecnicamente ben fatti sono anche ben scritti. E la buona scrittura comincia con l’essere verosimili all’interno dell’universo messo in scena.

The Unthinkable | Recensione film

In The Unthinkable da  un certo punto in poi,  e più o meno stiamo parlando di tutta la seconda parte, non c’è una scena del film  in cui  non succederà qualcosa di incoerente,  inutile o stupido. A e B stanno animatamente discutendo su chi deve uscire a cercare C e non riescono a mettersi d’accordo? Soluzione degli sceneggiatori: A lega di nascosto il braccio di B con una fascetta alla ringhiera e non vi dico la faccia di B quando lo scopre. Ebbene sì, A gira sempre con le fascette in tasca, non si sa mai, e ha fatto corsi di illusionismo da Houdini in persona, perché essere abili a fascettare con destrezza le braccia altrui è meglio di qualsiasi spray al peperoncino. Come fare a concentrare l’azione sui nostri protagonisti, quando ad essere invaso è un intero Paese? Soluzioni degli sceneggiatori: facciamo che la Svezia è grande più o meno quanto Cernusco sul Naviglio, che padre e figlio si incontrano casualmente e devono difendere l’ultima centrale energetica svedese. Esageriamo, facciamo anche che pure una volta fuggiti dalla centrale, l’esercito degli invasori continua ad accanirsi contro di loro con ogni mezzo a disposizione, perché va bene le armi chimiche, ma quella è gente pignola, perfezionista, non ne vuole lasciare scappare nemmeno mezzo. E poi vuoi mettere il piacere di massacrare civili inermi? Intendiamoci, non ce n’è uno nel cast per il quale si riesca a provare un minimo di empatia, a partire dal protagonista, che fin da giovane ha quella faccia contemporaneamente sfigata e antipatica che alle scuole medie è garanzia quotidiana di solitudine, merende sbriciolate e pestaggi. Quindi ben venga il massacro di civili, anche se non ha alcun senso. Vogliamo un epilogo che dice e non dice, che sottintende quale delle grandi potenze mondiali ci fosse dietro questa invasione lampo? Soluzione degli sceneggiatori: mettiamo qualche immagine tratta dalle news internazionali e chiudiamo con un bel fotogramma del colpevole. Che trovata! Così non devi neanche perdere tempo a girare. Peccato che il nostro barbuto aviatore, l’unico che ha capito tutto fin dall’inizio, per praticamente tutto il film non abbia fatto altro che dire chiaramente chi c’era dietro tutta la faccenda, mancava solo dicesse nomi e cognomi. Ci sarebbe poi il tema dell’invasione lampo in quanto tale, che è dai tempi di  Red Dawn che proprio non sta in piedi, ma qui mi sento un po’ mia nonna.

The Unthinkable | Recensione film

Insomma, questo genere di scemenze potevano passare come verosimili solo in un contesto dichiaratamente scemo, un film di Steven Seagal o uno Shark-qualcosa della Asylum, non in un film svedese presentato al Festival di Torino. Ma sapete cosa vi dico? Io, tutto sommato, a questi errori ci sarei anche passato sopra. Non sarebbe stata una pellicola che avrei consigliato a nessuno, per carità, ma forse l’avrei presa più zen, come quando lo streaming non funziona e sei costretto a guardare un film su Italia1. Quello che proprio mette il chiodo sulla bara a The Unthinkable è quello che paradossalmente lo faceva sembrare un film di ben altro calibro all’inizio e cioè il dramma familiare. Questo sottotema viene richiamato periodicamente durante la narrazione, con l’incontro di Alex e Anna dopo dieci anni, con il ricongiungimento di Alex e suo padre, con il riemergere di tensioni, pulsioni, sentimenti, e la cosa diventa sempre più fastidiosa, ingiustificata e a volte addirittura ridicola. Persino il finale è tutto giocato su questi toni e non è il finale più sciocco e stucchevole visto in un film di genere solo perché esiste quella fantastica perla di idiozia sentimentale che è Upside down.

La pellicola è diretta da Victor Danell ma è accreditato a Crazy Pictures, un collettivo di amici cineasti svedesi che realizzano film assieme fin da ragazzi. Il loro è un progetto veramente meritevole e, vista la fortuna di The Unthinkable su Kickstarter e al cinema, direi anche di grande successo. Si occupano più o meno di tutto, produzione, regia, sceneggiatura, montaggio, fotografia, sound design, effetti speciali e visuali.  Ecco, forse per le sceneggiature hanno bisogno di farsi un nuovo amico.

Dalla Svezia un thriller-catastrofico realizzato in modo eccellente. Purtroppo, di catastrofico, c’è anche la sceneggiatura.

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