Se sia possibile conoscere davvero un’altra persona è un fatto su cui si spendono parole dalla notte dei tempi. E ci sono generi cinematografici, come il thriller, l’horror o la fantascienza, per i quali questo tema è un filone d’oro praticamente da quando i Lumiére hanno acceso il primo proiettore. La paura e l’orrore di non conoscere chi ci sta vicino, di scoprirlo diverso da come è sempre stato o semplicemente dall’idea che ci siamo fatti, credo sia una delle cose più terrificanti che possa essere rappresentata dal cinema di genere. Paradossalmente forse più pauroso della paura per eccellenza, la morte, perché questo è qualcosa che mina alla base la nostra realtà, uno squarcio orribile da cui filtra una luce in grado di cambiarci l’esistenza.
L’antologia Notte buia, niente stelle di Stephen King contiene il racconto “Un bel matrimonio”, in cui una donna felicemente sposata da ventisette anni scopre che il marito è un serial killer. King, lo sapete meglio di me, attinge dalla realtà molto più di quanto si creda possibile, e infatti quella vicenda era liberamente ispirata a Dennis Rader, conosciuto come BTK (Bind, Torture and Kill), il serial killer che in Kansas ha ucciso dieci persone tra il 1974 e il 1991. Ma avrebbe potuto tranquillamente essere ispirato a un’altra vicenda, quella di Theodor Robert Bundy, l’uomo che nel 1975 venne arrestato per tentata aggressione e successivamente accusato di una serie crescente di omicidi di giovani donne. E avrebbe potuto basarsi probabilmente su decine o centinaia di altre storie simili, dove uno psicopatico, capace di gesti di una violenza e una crudeltà inaudite, è indistinguibile dalle persone che quotidianamente affollano la nostra vita, se addirittura non è una delle persone che amiamo.
Perché, diciamoci la verità, l’idea che queste persone siano mostri, che siano figure come Michael Meyers o Jason che sbucano da un inferno che nulla a che fare con la nostra vita, che non siano nemmeno per sbaglio umani come noi, è una pura idealizzazione horror. Nella realtà sono sempre un nostro collega, un nostro vicino di casa, un nostro parente, un genitore, un figlio o un compagno. Persone come Ted Bundy, che negli anni in cui cominciarono le indagini era un brillante e affascinante studente di legge che aveva appena cominciato una relazione stabile con Elizabeth Kloepfer (l’autrice di The Phantom Prince: My Life with Ted Bundy, da cui il Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile è tratto).
Il film inizia con un flash-forward della visita di Elizabeth a Ted Bundy in prigione (o, se preferite, dopo questa scena parte un lungo flashback) quindi difficile non intuire dove la storia andrà a parare. È un primo momento di confronto, appena accennato e continuamente inframezzato da elementi del passato, da cui capiamo che la compagna ha definitivamente preso le distanze dall’uomo. Non sono un grande appassionato di storie di serial killer, l’interesse per questo tipo di figure mi sembra sempre un po’ mitizzarle e quindi non rendere rispetto alle vittime, quindi ho visto Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile forse nel modo migliore, cioè non avendo idea se Bundy fosse colpevole o se fosse un caso di clamoroso errore giudiziario. Non che nel film non ci siano elementi a sufficienza per capirlo, in definitiva i sospetti su di lui sono via via sempre più fondati, ma la pellicola è la storia raccontata dal punto di vista della compagna Elizabeth, che ha creduto alla sua innocenza per tanto, troppo tempo. Forse è addirittura un po’ anche il punto di vista di Ted Bundy o meglio, di quella parte di lui che desiderava una vita normale, l’amore di una donna, una casa e una famiglia. Una parte di lui probabilmente ridotta ai minimi termini, magari solo superficiale (se fosse un puro esercizio di finzione credo possano dirlo solo gli psichiatri che hanno seguito il suo caso), di sicuro con un incredibile talento nel manipolare il prossimo, ma se fosse stata una completa bugia non credo che avrebbe potuto reggere per così tanto tempo. E Bundy, praticamente fino a pochi giorni prima della condanna a morte avvenuta quasi una decina di anni dopo il processo, si è proclamato sempre, incrollabilmente, innocente. Questo almeno è quello che racconta il film, perché Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile è lontanissimo da qualunque concetto di horror, thriller o legal thriller a cui potete pensare. Non c’è mai alcuna violenza, i delitti di Bundy in scena sono una minima parte e sono praticamente tutti raccontati a posteriori dalla televisione o durante il processo.
Questo taglio potrebbe tenere lontana una buona fetta di spettatori, sicuramente quelli che cercano un biopic del lato mostruoso del serial killer e delle sue efferatezze. Ma c’è un altro aspetto che credo potrebbe far storcere gravemente il naso a un’altra consistente fetta di pubblico e cioè la tremenda accoppiata tra la presenza di Zac Efron e la solita assurda traduzione italiana Ted Bundy – Fascino criminale. Vi sciolgo subito ogni dubbio, per quel che conta la mia opinione, ovviamente. Zac Efron non ha proprio niente che non vada, la sua interpretazione di Ted, e aggiungo anche quella di Elizabeth di Lily Collins, sono ottime, convincenti e credo siano l’ultima critica che si può muovere a Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile. Non voglio dire che Efron faccia qui un exploit alla Matthew McConaghey, ma che è perfetto sia quando rappresenta il lato affascinante di Bundy (cosa che ovviamente fa a occhi chiusi) sia nel resto delle sfaccettature, nei suoi momenti più emotivi (i colloqui con la moglie in prigione e durante il pronunciamento della sentenza) e quando per un attimo affiora il suo lato oscuro (le scene nel canile e davanti alla moglie stesa sul letto). Sul titolo italiano Ted Bundy – Fascino criminale invece cosa volete che vi dica, oltre che siamo alle solite? Una scelta tremenda perché scorda completamente quel “Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile” che è una parte della sentenza pronunciata dal giudice contro Bundy, e perché, per cercare di portare in sala quattro spettatori in più, si macchia di fare proprio ciò che non andava fatto e cioè amplificare il concetto di “fascino” del Male. Davvero senza parole.
John Malkovich non ha sicuramente bisogno di lodi, tanto meno delle mie. In Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile ha una di quelle piccole parti che si rivelano però cruciali, perché è lui a dare vita al giudice Edward D. Cowart, che dopo la sentenza si rivolge a Bundy con queste parole:
“Si prenda cura di lei, giovanotto. Glielo dico sinceramente, si prenda cura di lei. Lei è un giovane brillante, avrebbe potuto essere un buon avvocato. Sarei stato lieto di vederla esercitare la professione davanti a me. Ma lei ha scelto un’altra strada, collega. È una tragedia per questa Corte aver conosciuto qui un così totale spreco di umanità. Non ho nessuna ostilità nei suoi confronti, voglio che lo sappia. Si prenda cura di Lei”.
Questa non è sceneggiatura, queste sono le esatte parole pronunciate dal vero giudice nell’aula del Tribunale e da molti sono state considerate troppo empatiche nei confronti di un sadico sociopatico come Ted Bundy. Al di là delle opinioni che si possono avere in merito, perché sono state inserite e sono un momento importante della pellicola? Perché quelle non sono parole che si possono rivolgere a un mostro, a qualcosa di disumano, a qualcuno in grado di perpetrare solo e continuamente il Male. Sono parole che il giudice rivolge a un essere umano che in aula ha ascoltato le accuse, che si è difeso, che ha affascinato e divertito, che si è arrabbiato, si è impaurito e ha pianto. Una persona che ha rifiutato la sentenza, perché è una sentenza che non riguarda lui, ma qualcun altro. E questa è una persona che hanno visto tutti, piccola, piccolissima se confrontata con l’enormità dei gesti orribili che ha compiuto, ma è la persona che era anche Ted Bundy, a cui tanti altri uomini e donne sono stati accanto e hanno creduto per tanti anni. Il giudice parlava a lui e questo è ciò che ci portiamo a casa con il film, l’inquietudine di sapere che non esistono i mostri, solo esseri umani capaci di compiere atti incredibilmente mostruosi.
Per concludere, una nota su quell’idolo di Jim Parsons. Lo Sheldon Cooper di Big Bang Theory interpreta qui il Pubblico Ministero, una piccola parte che si porta a casa dignitosamente. Io sono anni, forse decenni, che sogno un thriller o un horror in cui Parsons interpreta un killer psicopatico. Credo che sia il ruolo perfetto per lui, la parte della vita. In Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile non ci siamo ancora, ma forse ci siamo avvicinati un po’.