The monster è un film che ha tutte le carte in regola per deludere. E intendo deludere un bel po’ di gente, democraticamente, senza guardare in faccia nessuno.
Sei un fan dell’horror? Fantastico, sei nel posto giusto, questo è decisamente un monster movie. Ma se volevi qualcosa, diciamo, alla Godzilla, potresti rimanerci veramente male.
Sei un patito di drammi a sfondo familiare? Buon per te, ma mi raccomando, questo è un genere con cui andarci piano. Ecco, questa è un’occasione per andarci veramente piano.
Sei un amante di Zoe Kazan? Tante grazie, certo che lo sei (maledizione, chi non lo è?), ma attento, qui Zoe non è Ruby Sparks.
E invece The monster non delude, perché Bryan Bertino riesce a rendere questo mix di punti deboli la ricetta per un buon film. Il rapporto tra la madre Kathy (Zoe Kazan) e la piccola Lizzy (l’ottima Ella Ballentine) è il cuore pulsante della pellicola (non è il mostro, fan dell’horror, fattene una ragione). Un rapporto raccontato con grande maestria da Bertino tramite i flashback di scene chiave del loro recente passato. Una madre giovane, alcolizzata, incapace di badare a se stessa e alla figlia. Una bambina di dieci anni, con gli occhi infelici e le idee fin troppo chiare su ciò da cui deve fuggire. Entrambe abbandonate, impaurite e sofferenti, ma distanti, perché ognuna con la propria personale solitudine, paura e sofferenza.
Zoe Kazan offre un’interpretazione lontanissima da ciò a cui siamo abituati (o forse solo da ciò a cui sono abituato io) e porta in scena un personaggio antipatico e difficile da digerire. Perché è una donna che insulta la figlia, che l’abbandona in garage anziché accompagnarla a una festa, che si scorda degli impegni, degli orari, delle promesse. Si scorda, in una parola, di essere madre.
Ella Ballentine porta in scena un personaggio bellissimo e convincente. Piange senza essere piagnucolosa, trema di paura senza essere debole, è alla ricerca della madre non come bisogno, ma come diritto.
La storia di questo rapporto difficile è anche il racconto di un rovesciamento dei ruoli. Lizzy si alza nel cuore della notte a cercare la madre, ma anziché trovarla nel letto la scopre in bagno, stravolta dopo l’ennesima sbornia. E si sdraia accanto a lei e l’abbraccia.
The monster è un film di metafore e simboli. I più sfacciati, quelli delle ultime file, stanno già dicendo: “Bella scoperta, ma è il genere horror stesso ad essere un’ovvia e gigantesca metafora!”. Vero, verissimo. E’ il cadavere sotto il lenzuolo di cui parla King nella prefazione di “A volte ritornano”. E’ tutto lì: tutti i mostri, tutti i fantasmi, tutte le bambole assassine, tutti i Freddy Kruger e i Michael Myers, tutte le bambine indemoniate nei letti e nei pozzi e tutte ma proprio tutte le porte chiuse, finestre sbatacchianti, botole segrete e tombe scoperchiate sono solo quello. Il nostro cadavere sotto il lenzuolo.
Qui però Bertino gioca a carte scoperte. Metafore e simboli sono molto chiari e, anche se inseriti in modo elegante nella narrazione, sembra quasi riduttivo definirli sottotesto (tranquillo fan dell’horror, tutta roba mai eccessivamente cerebrale o fastidiosa). Se la bestia misteriosa è l’ovvia rappresentazione dei mostri della madre (l’alcolismo) e della figlia (l’assenza dei genitori e della loro protezione), ci sono altri elementi, più piccoli ma forse ancora più interessanti. Ci sono i profili, insistiti e ricorrenti nella parte centrale del film, dove anche la bestia fa la sua prima vera apparizione proprio così, come un profilo scuro che trasuda ferocia. Ed il più bello è ancora una volta quello di Lizzy spaventata, nelle sequenze all’interno dell’abitacolo dell’auto, con Kathy sfocata sullo sfondo.
Ecco, probabilmente è proprio qui che il film comincia veramente a centrare il suo obbiettivo. Questa serie di inquadrature semplicissime e il gioco continuo di messa a fuoco sul viso della madre, che appare e scompare proprio come nella vita della bambina, disegnano sempre più chiaramente il quadro che ci porterà fino all’epilogo. E’ mentre madre e figlia parlano, cercando di capire cosa diavolo sia successo su quella strada, che capiamo che qualcosa sta cambiando. Qualcosa che deve cambiare, altrimenti non hanno nessuna possibilità di cavarsela. E anche oggetti apparentemente stupidi hanno un ruolo in questo film, come l’accendino di Kathy e l’orsacchiotto di Lizzy. Il primo che la bambina toglie dalle mani della madre (lo fa per giocare o per impedirle di fumare, di farsi del male?), il secondo che la madre giudica troppo infantile per l’età della figlia. Oggetti che creano piccoli attriti nel rapporto madre-figlia, ma che diventeranno invece risolutivi per la bambina nel confronto con il mostro. Il regista ce li fa vedere e molto bene, a volte con insistenza, e ci dice “eccoli qua gli oggetti sacri, poi non dire che non ne sapevi niente”.
Per soggetto, personaggi e ambientazione, The monster avrebbe potuto benissimo essere girato negli anni ’80 ed essere un episodio di uno qualunque dei Creepshow. Sarebbe stato un horror pane e salame, madre e figlia sarebbero andate d’amore d’accordo, un sacco di gente sarebbe finita orribilmente mutilata e lo zio Tibia ci avrebbe ammoniti di pensarci sempre due volte prima di prendere una strada in disuso in un bosco del Montana. La verità è che quegli anni sono passati da un pezzo, che voi nemmeno avevate tutta questa voglia di vedere Creepshow ma soprattutto che dal 2014 in poi, nel bene e nel male, chi vuol fare un film anche solo vagamente horror deve fare i conti con Babadook.
Qualcuno si è messo in testa di chiamare questo tipo di cinema post-horror, che già è un neologismo vacuo come lo sono post-rock e post-moderno, ma in questo caso con l’aggravante di aver scatenato le ire di praticamente tutti i fan dell’horror (fan dell’horror, vedi che alla fine è arrivato il tuo momento?) perché starebbe a significare che tutti gli altri film horror sono sempre stati solo cazzatine per mammalucchi. Non perdete tempo in sciocchezze, andate in una sala, in un multisala, in un bunker attrezzato con proiettore e popcorn, svaccatevi sul vostro divano, poltrona, sdraio, materasso a molle, ad acqua, in soffice pelo di Gremlins e guardatevi The monster e qualsiasi altra pellicola stuzzichi la vostra attenzione. Appiccicare etichette è una delle cose che peggio si addice al cinema.