DURANTE LA TORMENTA – Beetlejuice

DURANTE LA TORMENTA

“Ho immaginato tutto,
anche la più remota possibilità,
tranne che mi avresti dimenticato da un giorno all’altro
e che saresti tornata a una vita che non hai vissuto…
Perchè io l’avevo cambiata!
E poi è arrivata la tempesta.”

Secondo voi cosa non è chiaro nelle parole del Dottor Emmett Brown quando nel futuro dice a Marty: “Non parlare con nessuno, non toccare niente, non fare niente, non fare niente con nessuno e cerca di non guardare niente!”? Per la miseria, sono regole base, roba che capisce anche un bambino in età prescolare. A confronto le tre regole per non avere sorprese coi mogwai “Non esporlo alla luce forte, non bagnarlo e sopratutto mai nutrirlo dopo la mezzanotte!” sono roba da meccanica quantistica. E Doc non sta parlando di mostriciattoli dispettosi che possono dare grattacapi in un piccolo quartiere, ma di non incasinare le linee temporali generando paradossi che potrebbero distruggere l’intero Universo. Cioè uno dovrebbe starci più attento, no? Eppure mai nessuno che questa cosa la capisca al volo. Basta che gli si piazzi sotto al naso una qualsiasi macchina del tempo e voilà, tempo un paio di minuti, già combinato il disastro. Disastro che poi ci vuole un film intero per rimettere a posto.

Durante la tormenta | Recensione film | Screenshot 1

Io credo che il regista spagnolo Oriol Paulo avesse in mente quest’idea da anni, perché diciamocelo, noi quarantenni di oggi, che abbiamo visto la trilogia di Ritorno a futuro più di qualsiasi telegiornale, non vediamo l’ora di tirare fuori carta e penna e disegnare la nostra mirabolante idea con timeline, bivi temporali e presenti alternativi. E immagino quindi che dopo aver scritto e diretto due autentici gioiellini come El Cuerpo e Contratiempo, ed essere diventato così il più promettente maestro della suspense del cinema contemporaneo, abbia pensato che fosse arrivato il momento giusto per scrivere e dirigere Durante la tormenta.

Durante la tormenta | Recensione film | Screenshot 2

E lo fa ovviamente a modo suo, confezionando un thriller classico, in cui è riconoscibilissima la sua mano, ma contaminato da quei meccanismi paradossali dei viaggi temporali di Zemeckis che sono ormai diventati Patrimonio Cinematografico dell’Umanità (forse sarebbe giusto considerarli anch’essi dei classici, visto che ridendo e scherzando sono passati trentaquattro-dico-trentaquattro anni). Le citazioni in Durante la tormenta sono ovviamente evidentissime, dal piccolo protagonista vestito come Marty McFly, skateboard e walkman inclusi, fino ad arrivare all’orologio della scuola fermo sulle 10.04 perché colpito la sera prima da… c’è bisogno che ve lo dica sul serio? Ma la cosa fortunatamente finisce lì. Gli omaggi sono chiarissimi ma anche estremamente scarsi e ben delimitati (senza nessun effetto nostalgia alla Stranger Things per intenderci). Paulo in sostanza scopre quasi subito le carte, ma solo per dirci: “Sì, hai capito bene, sto usando quella cosa delle timeline alternative, ok? Ma ora andiamo avanti”.

Durante la tormenta | Recensione film | Screenshot 3

L’atmosfera di Durante la tormenta è come sempre magistrale, sia nella storia del 1989 sia in quella del 2014, con la tempesta elettrica che funge da tramite anche dal punto di vista cinematografico, perché rende più coerenti e amalgamate le due linee temporali. Una della caratteristiche di Paulo che amo di più è probabilmente proprio il suo saper creare questa alchimia tra la fotografia e i personaggi in scena, il suo creare contesti accattivanti, a modo loro un po’ magici, in cui si sprofonda ogni volta come si poteva sprofondare beatamente da bambini leggendo un fumetto di Dylan Dog.

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Durante la tormenta vanta una vera sfilata di attori spagnoli, tutti volti noti più o meno noti per chi segue Paulo e il cinema iberico in generale (come l’ottimo Javier Gutiérrez di La isla minima o Belèn Rueda dell’eccellente El orfanato) . Su tutto il cast però brilla la protagonista Adriana Ugarte, che mette in scena il personaggio migliore del film e probabilmente anche uno dei suoi punti di forza. Vera è una donna che per un piccolo gesto innocuo come guardare un vecchio televisore attaccato a una vecchia telecamera, si risveglia in una realtà in cui ha perso tutto ciò che ama. E tutto il disorientamento, l’incredulità, il dolore, la rabbia, ma anche la forza di reagire e di combattere per riprendersi la sua vita sono tutte sul viso di quest’attrice, fotogramma dopo fotogramma, fino al termine del film.

Durante la tormenta | Recensione film | Screenshot 5

E l’intreccio? Non c’è thriller che si rispetti senza un buon intreccio. Nelle due precedenti pellicole il regista era stato inappuntabile, con storie articolate e perfette come cronometri. Un tipo di storia sempre un po’ sopra le righe e ai limiti della credibilità, ma niente che gli appassionati di letteratura e cinema giallo non conoscano bene e nel quale non siano disposti ad abbandonarsi in completa fiducia. L’importante è che alla fine tutto torni. Ecco, forse è qui che Durante la tormenta perde qualche colpo. La commistione tra giallo classico e fantascienza, in particolare con tutti i paradossi connaturati ai viaggi nel tempo, rendono l’intreccio un po’ più debole. Non significa che non sia interessante. L’idea, anche se non completamente originale, è potente e probabilmente sarà il motivo per cui questo film avrà più successo dei due precedenti, ma si allontana dal meccanismo perfetto e ansiogeno dei primi due film. Quel ticchettare crescente che accompagnava lo spettatore fino alla fine per fargli dire “A-HA! Ora tutto torna!”.

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In Durante la tormenta ci si allontana da quel territorio fatto di misteri e sorprendenti spiegazioni, siamo più dalle parti del paradigma “Protagonista costruisce/trova macchina prodigiosa che gli incasina la vita e allora deve riparare/recuperare macchina prodigiosa per tornare alla normalità”. Non che abbia qualcosa di male questo schema narrativo, metà dei film degli anni ’80 sono fatti in questo modo, semplicemente fa perdere un po’ di mordente a un film che vuole essere anche un giallo. Ci sono poi almeno un paio di punti in cui quel meccanismo perfetto a cui siamo abituati s’inceppa. Il primo è macroscopico ed è il cameo di Belèn Rueda, la scienziata che pubblica il libro “Mirage”. Oltre a essere un personaggio sostanzialmente inutile alla trama e anche un po’ sciocco (le tocca avvertire la protagonista che quando il varco si chiuderà non ci sarà più possibilità di tornare indietro, grazie tante), dice: “Sappiamo soltanto che il cervello vive come reale le esperienze di ciò che sentiamo. La sua funzione è interpretare e produrre un’allucinazione che viviamo come reale. Che cosa accadrebbe se la realtà non fosse che un’illusione?”. Questo è un passaggio veramente strano, perché lancia una nuova luce su quello che sta accadendo e instilla nello spettatore il dubbio che la nostra protagonista sia paranoica e preda di un’allucinazione, come pensano del resto tutti coloro che le stanno intorno.

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La svolta sarebbe stata del tutto legittima, nel giallo è normale creare varie piste per confonderci, e forse questo sarebbe anche stato un bel colpo di scena, ma no. Non era nessuna pista. La scienziata l’ha solo detto così, perché suonava bene. Il film va avanti come se non fosse mai successo. Grandissimo punto di domanda.
Altra piccola macchia è il colpo di scena. Che non sia un giallo puro l’abbiamo capito, quindi in sostanza il colpo di scena si riduce a uno, tuttavia è anche piuttosto debole e giocato male. Chi mangia pane e film gialli è abituato fin dalla culla a sospettare di tutti i personaggi in scena, quindi metà degli spettatori avranno già capito con mezz’ora di anticipo come si concluderà la ricerca del bambino. Altro punto incredibilmente sciatto è quello dell’interrogatorio ai colpevoli e delle iniziali sull’orologio, questo non ve lo spiego neanche, se vedrete il film cadranno le braccia anche a voi.

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Durante la tormenta è un film di cuore, non di cervello. Ecco, forse tutte le critiche mosse al film si traducono semplicemente in questa considerazione. Perlomeno è la pellicola più di cuore di Paulo, che probabilmente aveva in mente più il tema dell’amore di una madre per la figlia, della sua capacità di sacrificarsi oltre ogni limite, che non quello dell’assassinio e del perpetrarsi del Male. Molti lo potranno avvertire come perdita di ritmo rispetto ai film precedenti, ma io credo sia proprio questo, la voglia di dare spazio per una volta anche a qualcosa di più (se ci pensate, un po’ succedeva già anche in Contratiempo, ma con risultati migliori). La sensazione che purtroppo rimane è che con tutti questi magnifici ingredienti Paulo abbia sprecato l’occasione per fare un grande film o almeno il suo migliore.

Segnalo che nel 2018 in Italia hanno pensato fosse un’ottima idea fare il remake di Contratiempo (uscito nel 2016 eh, non nel 1989), intitolato Il testimone invisibile, con Riccardo Scamarcio e Miriam Leone.
Insomma, anche questa è una bellissima storia di fantascienza.

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Raffaele

Veramente molto bello…fatto bene. Molto fluido, senza troppi intoppi narrativi, è subito andato al dunque raggiungendo molto semplicemente il senso del racconto…

Il nuovo thriller di Paulo è un’interessante contaminazione tra i film gialli a cui ci ha abituato e la fantascienza di Ritorno al futuro. Un mix godibile ma riuscito solo in parte.

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